sabato 27 ottobre 2012
L' ANTI FOODIE ... storia di un viaggio quotidiano.
Il sabato pomeriggio in una metropoli del XXI secolo ha perso il fascino di leopardiana memoria.
Gente che va e che viene. E' fine settimana solo per alcuni di noi.
Un treno metropolitano. Un omone siede di fronte a me. Direzione West London, passando attraverso sobborghi posh.
Posso percepire chiaramente il suo respiro affaticato dalla pressione del ventre.
In mano una busta di plastica di una nota catena di supermercati inglesi.
E' giovane e visibilmente sovrappeso. Sguardo fisso nel vuoto, sembrerebbe stanco? triste? apatico? immobile?
Invece con la coda dell'occhio percepisco il gesto nervoso della sua mano che fruga nella busta.
Tira fuori e ingurgita in 30 minuti di viaggio, nell' ordine:
un croissant con ripieno di crema di mandorle
due sacchetti di pollo arrosto speziato
un pacchetto di patatine aromatiazzate al bacon
un doppio sandwich al pastrami
una bevanda viola e gassata ai frutti "rossi"
un barra di cioccolato al caramello.
Nella tasca di un impermeabile di pelle ha un'altra bevanda gassata gialla.
Sono rapita dai suoi gesti meccanici come fossero un rito quotidiano quanto quello di sfogliare un giornale gratuito alla stazione del metro'.
Temo si tratti di routine.
Io che casualmente, in quel momento, con il mio mac sulle ginocchia, scrivo un post sull'ultima ricetta. Io che elevo l'esperienza culinaria a processo creativo, io che faccio la ruffiana con le parole, mi sento schiacciata dal peso delle contraddizioni.
Questa e' una citta' in cui il cibo, il suo consumo e la frequentazione dei suoi ristoranti e' uno status symbol. Una citta' dove la quantita' e qualita' di quello che mangi e' indice della tua appartenenza sociale.
Dove i politici fanno complimenti a cuochi famosi quanto star e non disdegnano di dividere la stessa copertina dei tabloid.
Questa e' anche la citta' di enormi e costosi schermi piatti appesi a muri delle case popolari, di frigoriferi pieni di bibite gassate dai colori improbabili, di cibi pronti a 0,99 sterline, di pellicole di cellophane da strappare velocemente, di indicazioni sui minuti di microonde necessari per sfamare una famiglia.
Di mancanza di tempo, di lavoro e di motivazione colmata da migliaia di calorie.
Di fronte a tutto questo avrei voluto voltare le spalle. Avrei potuto cambiare posto sul treno ma avrei fatto la stessa identica cosa del mio compagno di viaggio...perdermi nell'indifferenza e nel bulimico conforto di desideri e sapori posticci.
Ogni tanto un po' di nausea e' necessaria.
La gatta anche questa volta non ritrae lo zampino.
venerdì 21 settembre 2012
crostata alla marmellata di arance della "Zia"
Potrei definire il mio rapporto con i dolci decisamente incoerente. Oscilla tra una passione sfrenata per il dolcissimo ad una tolleranza zero per il dolcissimo. Cosi' passo allegramente dalla sfogliatella napoletana, ben fritta e ripiena di goduriosa crema di ricotta, ai cannoli siciliani, fino ad arrivare alla mia piu' recente e dolcissima scoperta lo sticky toffee pudding. E poi, dal'altro canto pero', il piu' delle volte, trovo che le marmellate siano troppo dolci per il mio palato.
Questo succede per la maggior parte di esse con l'esclusione di quella di arance o agrumi in generale e rabarbaro e ginger.
Destino vuole che durante il mio ultimo soggiorno italiano ricevo un regalo buonissimo da una persona a me molto cara, tanto da meritarsi l'appellativo di Zia.
Per rendere giustizia alla sua home made marmellata di arance siciliane non potevo non pubblicare un post.
Ed ecco che questa mattina, punto la sveglia presto, mi preparo il caffe' e mentre lo sorseggio tiro fuori dal frigo il burro, prendo la farina e il mio fedele mattarello e comincio a preparare una frolla assaporando l'idea di mangiarne una fetta nel pomeriggio, per sentirmi dolcemente piu' vicina a casa.
Ingredienti
marmellata di arance fatta in casa, qb.
100 g di burro
200 grammi di farina 00
1 uovo
3 cucchiai di zucchero
3 cucchiai di farina di farro macinata a pietra
2 cucchiaini di lievito vanigliato
1 pizzico di sale
goccie di cioccolato fondente.
Lasciate ammorbidire il burro a tocchetti. Poi amalgamate con la punta delle dita il burro alla farina fino a che non otterrete una consistenza sabbiosa. Aggiungete il lievito, due cucchiai di farina di farro, lo zucchero e poi l'uovo, amalgamandolo alla farina con la lama di un coltello. Nel caso l'impasto risulti troppo asciutto aggiungete dell'acqua a poco a poco.
Create un panetto e lasciatelo riposare il frigo per almeno un'ora.
Stendete la pasta frolla con il mattarello e spolverate la superficie del piano di lavoro con la restante farina di farro che dara' alla pasta frolla un aspetto un po' rustico.
Imburrate lo stampo per crostata e stendete la pasta. Infine stendete la marmellata e cospargete la superficie con le goccie di cioccolato.
Infornate la crostata in forno gia' caldo a circa 180 gradi per 35 min.
sabato 15 settembre 2012
hashbrown alla portoghese e ricordi di viaggio
E voi vi starete chiedendo cosa c'entra il Portogallo?
In effetti di ritorno da Cuba, dopo un viaggio a ritroso nella mia idealistica e politicamente impegnata adolescenza il nesso con questa ricetta non e' che sia evidente.
Il fatto e' che dopo essermi imbattuta, mentre facevo la spesa in un fornitissimo supermercato " capitalista" nel baccala non potevo fare finta di niente.
Ora per voi questo incontro potrebbe non essere cosi' eccitante come lo e' stato per me.
Il fatto e' che ogni volta che scopro di poter acquistare un ingrediente della mia tradizione culinaria difficile da trovare da queste parti provo una gioia incontenibile.
Immaginate la scena. Io con passo lesto e volitivo, falcata larga e sguardo basso che cerco di evitare folle e soprattutto di pronunciare per la millionesima volta la frase: " excuse me".
Di colpo freno anzi inchiodo perche' con la coda dell'occhio ho avvistato qualcosa di nuovo nel bancone del supermercato, qualcosa che di solito non occupa quel posto. Torno indietro e afferro la confezione, la studio con attenzione e traduco nella mia mente l'etichetta un paio di volte, giusto per essere sicura.
Baccala?!!! Mai visto e dire che qui di merluzzo ne vendono a valanghe!
Sono li che ancora non infilo la confezione nel carrello e gia' fantastico sulla ricetta, sulle fonti bibliografiche da consultare.
Questa volta, pero' la mia mente spazia e non ho un'immediata folgorazione.
"Considerando che in Portogallo dicono di saper cucinare il baccala' in cento modi diversi non sara' un' impresa facile!"
Provo a ripensare al mio viaggio in Portogallo del 2007. La dimensione della scoperta di luoghi e sapori risuona perfettamente con il mio stato d'animo di viaggiatrice appena rientrata a casa, con la memoria ancora colma di immagini e sapori da elaborare.
Scartabellando tra i miei ricordi decido di provare la mia personalissima versione del baccalau a bras. Ricetta semplice ed estremamente popolare che mi ha fatto tornare in mente il mio primo giorno in Portogallo nella bellissima cittadina di Evora e che mi ha ricordato moltissimo l'anglosassone hashbrown. Da qui al titolo il passo e' stato breve, il tempo di un boccone.
Ingredienti
un paio di etti di baccala essiccato
due uova
una patata
farina
olio d'oliva
prezzemolo
Lasciare il baccala' in ammollo per almeno 12 ore avendo cura di cambiare l'acqua un paio di volte.
Una volta ammorbidito, private il trancio delle lische e della pelle e riducetelo a listarelle.
Sbattete due uova come per preparare una frittata. Aggiungete al composto pepe e prezzemolo tritato. Non sale visto che il pesce sara' gia' abbastanza saporito.
Affettate la patata a julien e passatela nella farina. Infarinate poi il pesce.
Fate riscaldare il una padella l'olio di oliva. Quando sara' ben caldo versate nella padella prima le patate in modo che friggano un po' diventano croccanti poi aggiungete l'uovo con il pesce.
Fate cuocere il tutto su un lato poi sull'altro finche' non sara' bello dorato.
Servite l'hashbrown ben caldo.
sabato 21 luglio 2012
sweets for singles...clafoutis monoporzione
Dite la verita', alla notizia che avrete dieci persone a cena scatta il momento di panico. E si, perche' cucinare per un numero che superi il solito per 2 o per 4 non e' semplice.
Ci sono da rivedere le dosi, i tempi di cottura, il numero di conteniori e pentole e addirittura i piatti da mettere a tavola.
Alzi la mano chi di voi ha o ha mai posseduto un servizio da 12?
Bhe, personalmente ad avere 6 piatti tutti uguali gia' mi sento sufficientemente attrezzata.
Ma, un momento! Ora pensate ad un pasto come si deve per una sola persona!
Altrettanto difficile direi.
La monoporzione a meno che non sia congelata e precotta non e' cosi' comune nei ricettari. Mi stupisco del fatto che in un' epoca di pari "opportunita'" come la nostra, in cui, i ritmi e le ambizioni ci portano sempre meno ad avere una vita quotidiana di clan, un single, impegnato e rampante non abbia il diritto di prepararsi una monoporzione gourmet.
Bhe questa e' la mia risposta per il dessert. Il clafoutis per sua natura e possibile prepararlo in cocottine e con queste dosi potrete preparare un paio di monoporzioni da gustare in momenti diversi della giornata. Tiepido o addirittura freddo! A voi la scelta!
Ingredienti
100 g di ciliegie
30 g di farina
1 uovo intero
30 dl di latte
4 cucchiaini di zucchero
3 cucchiaini di granella di pistacchi
una noce di burro
Preriscaldate il forno a 180 gradi.
Sbattere l'uovo con la zucchero. Aggiungere la farina e la granella di pistacchio. Mescolare bene con una frusta evitando che si formino dei grumi.
Diluite il tutto con il latte.
Snocciolate le ciliegie.
Prendete le vostre cocottine da forno e imburratele. versate parte dell'impasto nella cocottina e infornatelo per qualche minuto. Quando si sara' addensato ricopritelo con le ciliegie e con il resto della crema. Riinfornate per un 20 minuti mezzora.
Una volta pronto, lasciate raffredare il clafoutis e gustatevelo tiepido. Il sapore acidulo della frutta e quello vellutato della crema e del pistacchio si distingueranno meglio.
giovedì 12 luglio 2012
zuppa contadina di fave e limone
Mia nonna aveva la pelle scura per il sole, gli occhi piccoli e verdi, lo sguardo penetrante, le mani magre e callose. Quando usciva di casa per noi bambine era un po' un mistero. Non sapevamo quando sarebbe rientrata e che cosa avrebbe avuto nel suo cesto di vimini.
Potevano essere uova ancora tipide per la covata, frutta succosa e verdure sporche di terra rossa.
Ricordo che davo per scontato quell'abbondanza, ricordo che non pensavo che la vita dei miei nonni potesse essere qualcosa di cui vantarsi o ostentare. Per me quello era il duro lavoro di tutti i giorni.
Ora vivo in questa citta' e accendendo la televisione vedo bella gente, bionda con stivali in gomma griffati, entusiasti mentre zappano il loro orticello metropolitano e sgrullano la lattuga dalla terra.
Se da un lato trovo encomiabile il ritorno al cibo naturale, all' orto e le sue meraviglie, dall'altro, quando ascolto sperticate lodi di giovani chef all'arrembaggio non posso fare a meno di sorridere pensando alle faccie segnate dei miei nonni e a quali potrebbero essere i loro commenti.
Per questo post cucino una zuppa contadina, servendomi dell'epiteto proprio come avrebbero fatto quegli chef. Eppure per me era solo una zuppa fumante e profumata, fatta di ingredienti di stagione. Quelli che dovevi aspettare. Una zuppa che mangiavo quando arrivava la bella stagione.
Questa versione e' assolutamente fedele alla tradizione ciociara per quanto riguarda cottura ed ingredienti. La presentazione, pero', e' un omaggio alla Puglia dove le fave vengono servite in purea accompagnate da cicoria ripassata.
La fetta di pane abbrustolita e' previta, in realta', anche nella versione laziale, quindi questa soluzione mi sembra un buon compromesso.
250 g. di fave fresche o surgelate gia' sgranate
3/4 cipolle di grandezza media
2 limoni non trattati
Qualche foglia di basilico
Olio sale e pepe macinato fresco
Pane vecchio di qualche giorno.
Scagliette di ricotta salata o pecorino per guarnire
In una pentola dal fondo alto far rosolare le fave con le
cipolle tagliate a fette piuttosto erte e sfumare il tutto con il succo di un
limone. Aggiungere poi della scorza grattugiata.
Dopo cinque minuti aggiungete l’acqua bollente fino a
coprire le verdure.
Lasciate cuocere la zuppa per un bel po’ avendo cura di
aggiungere acqua sempre bollente quando vedete che si sta asciugando.
Io l’ho fatto andare per un’ora e mezza (le mie fave
purtroppo erano un po’ durette).
Quando le fave si saranno ammorbidite abbastanza,
aggiungete qualche foglia di basilico e date una frullata veloce con un mixer
ad immersione. Lasciate il purè un po’rustico.
Abbrustolite le fette di pane in forno. Se vi piace
l’aglio, potete strofinare uno spicchio sulle fette di pane prima di
infornarle.
Adagiate poi la purea, buona anche tiepida o fredda sul
pane caldo e croccante e guarnite il tutto con scaglie di pecorino o ricotta
salata.
domenica 6 maggio 2012
Nord e Sud nel mio piatto, un "pesto" insolito
Domenica e sono stranamente a casa a poltrire. Stranamente perche' in una citta' come Londra non e' poi troppo difficile scordarsi dei giorni della settimana.
Tutto scorre veloce, minuti, ore, giorni e settimane e cosi', se una ferrea routine non corre in tuo soccorso, puoi scordarti del fine anche del settimana.
Ma oggi apro il frigo per preparare il mio pranzo della domenica.
Come al solito mi abbandono ad un viaggio sensoriale. Penso alla Sicilia, guardando l'ultima melanzana rimasta, penso che avrei voglia di sole e sale. Penso che se fossi li' preparerei un pesto. Ricotta di pecora fresca, mandorle (per la versione trapanese) o pinoli, pomodori maturi e succosi. Penso che dei tocchetti di melanzane cotti in padella con aglio, carota, cipolla e foglioline di menta, potrebbero sposarsi bene con la base di pesto.
Mi sveglio dal mio girovagare onirico e torno a fissare il mio frigorifero anglo-italiano.
Non posso rinunciare all'idea di un po' di Sicilia per pranzo, soprattutto dopo la lettura piacevole di due libri di Simonetta Agnello Hornby.
Comincio a passare in rassegna le possibili varianti alla ricetta originale. Mi accontento di alcuni pomodorini pachino, di anacardi al posto di mandorle e pinoli e soprattutto del mascarpone come sostituto per la ricotta.
Non so perche' ma quest'ultimo mi e' sembrato del tutto coerente!
Si, e' vero che il mascarpone lombardo non ha niente a che vedere con la Sicilia. Dopotutto, pero', non sono nuova ad accostamenti irriverenti e in questo caso la consistenza vellutata del mascarpone mi sembra si sposi benissimo con gli altri ingredienti.
E poi guardiamola da questo punto di vista, che sarebbe il mio d'oltre manica!
Non c'e' forse comun denominatore migliore in Italia dell'amore per il buo cibo. Nord o Sud che sia, in questo piatto c'e' posto per entrambe.
sabato 28 aprile 2012
Mai dare niente per scontato...pizza compresa
Pizza, tarantella e mandolino, tre cose che non so fare e che nell'immaginario straniero descrivono l'italiano medio. Vabbe' forse quello di una cinquantina di anni fa!
Tutto questo per dire che non e' che sia scontato che, solo perche' nelle mie vene scorre sangue italico, il piatto che meglio mi riesce sia la pizza.
Tra l'altro, per niente scontato per coloro che sono del mestiere e sanno che con questo notissimo e troppo spesso sottovalutato o anche sopravvalutato (economicamente) piatto non si scherza.
"La pizza non e' un piatto e' una religione" come dice il mio compatriota, ovviamente napoletano, trapiantato a Londra (Pizzeria Santa Maria).
Ma tornando a me ...
Ieri: ero una bambina alta e robusta e allora tutti a dire "deve giocare a pallacanestro o pallavolo" ed io: "No voglio fare la ginnasta!"
Oggi: capelli rossi e carnaggione color latte e tutti a dire: "Mah, sara' est europea" ed io " No sono italiana!"
Ancora oggi: non ho fatto la ginnasta, troppo alta (avevano ragione) sono italiana (questo non e' cambiato nel tempo, non ancora!) in arte la Gatta, amo cucinare e quindi so fare bene la pizza!
No! il piatto che mi riesce meglio? La quiche!
Insomma direi che con quotidiano esercizio cerco di non dare e non darmi piu' per scontata ed accettare quello che non sono e non so fare, tranne per la pizzaaaaaa!
Ebbene il piu' delle volte non mi riesce, lo ammetto. Continuo a commettere sbagli da dilettante. Ammazzo il lievito di birra con l'acqua bollente, non impasto per bene, non uso la farina giusta e non lascio lievitare la pasta il tempo necessario.
Ma stasera, non dando per scontata la mia indisciplinata condotta di pizzaiola sono soddisfatta del mio operato! so soddisfazioni!
Ingredienti (pizza per 2/4)
300 grammi di farina 00
200 grammi di semola di grano duro rimacinata
mezza Bustina di lievito di birra liofilizzato
acqua a temperatura ambiente qb
un pizzico di sale
un cucchiaino di zucchero
Per il condimento:
passata di pomodoro
pomodorini pachino
melanzane
peperoni arrosto
cipollotti
mozzarella fiodilatte o bufala
zucchine
origano e basilico
un filo d'olio
In un insalatiera preferibilmente di plastica unire le due farine, il lievito liofilizzato e un pizzico di sale e un cucchiaino di zucchero che dovrebbe aiutare il processo di lievitazione. Altro agente lievitante e' l'acqua frizzante che pero' io non avevo e non ho provato.
Aggiungere poi mano a mano l'acqua e impastare fino a fomare una pasta morbida.
A questo punto coprite l'impasto con della cellophan e lasciatelo lievitare in un posto caldo, ottimale sarebbe vicino ad una fonte di calore.
Io ho lasciato l'impasto lievitare per tutta la notte dalle 20:00 della sera fino alle 8:00 del mattino quando poi l'ho rilavorato con farina per renderlo piu' elastico e compatto, ho creato due panetti.
Ricoperti i due panetti, lasciateli lievitare per qualche altra ora. Nel mio caso sono passate altre dieci ore.
Ovviamente 24 ore di lievitazione sono una soluzione ottimale ma un 5-6 ore potrebbero bastare comunque. Iniziando nel primo pomeriggio, potrete sfornare la vostra pizza per cena.
Per il condimento date sfogo alla fantasia, io l'ho fatto con sommo godimento:
Salsa di pomodoro, melanzane, cipollotto, qualche foglia di menta e origano.
Peperonoi arrosto, pomodorini e zucchine.
La classica margherita arricchita dai pomodirini freschi.
domenica 22 aprile 2012
Crumble fragole, rabarbaro e ... banana!
Post breve e per niente originale per la blog sfera culinaria, scritto una domenica pomeriggio quando non hai altra voglia che viziarti.
Se cercate su google le prime tre parole del titolo avrete una sfilza di risultati.
L'ultima parola trattasi di una mia aggiuntina last minute perche', aprendo il frigo per prendere il burro, ho sentito una vocina che diceva: " ti prego mangiami!"
Era l'ultima banana di un glorioso casco che tanto gloriosa non pareva piu'!
Cosi', sempre fedele a me stessa e al mio stile in cucina l'ho inserita di straforo nell'insalata di frutta prepata come base per il mio crumble.
Ingredienti:
2 coste di rabarbaro
400 grammi di fragole
1 banana (opzionale)
100 grammi di burro (semisalato sarebbe perfetto)
130 g di farina
1 cucchiaino di lievito vanigliato
1 cucchiaino di fecola di mais
3 cucchiai di zucchero di canna
1 cucchiaio di zucchero vanigliato
panna fresca, non zuccherata o yogurt greco con miele o gelato alla vaniglia (come accompagnamento)
Tagliate il rabarbaro a rondelle di circa un centimetro di spessore unite le fragole tagliate a meta' e la banana, a rondelle anch'essa.
Posizionate la frutta in una teglia per dolce o crostata, aggiungete lo zucchero e il cucchiaio di fecola e mescolate con le mani.
Intanto in una ciotaola mescolate farina, lievito, zucchero vanigliato e un pizzico di sale nel caso in cui stiate usando il burro normale (e non quello salato). Mescolate tutto per bene e aggiungete il burro a tocchetti gia' ammorbiditi perche' li' avrete lasciati fuori dal frigo per un po'.
Poi con le mani cominciate a incorporare burro e farina facendo in modo di create un impasto di briciole.
Accendete il forno e portatelo a temperatura, all'incirca 170 gradi. Poi cospargete le briciole sulla frutta cosi' da coprirla uniformemente.
Infornate il tutto per una cinquantina di minuti fino a che il crumble non avra' un colorito dorato.
Servitelo tiepido accompagnato da una noce di panna montata non troppo zuccherata, oppure yogurt greco addolcito con del miele o ancora gelato alla vaniglia.
E perche' no! qualche fogliolina di menta per decorare.
giovedì 19 aprile 2012
Ciambellone pompelmo e mirtilli
Tra i generi alimentari di prima necessita' che si possono trovare nella busta della spesa di un uomo medio, colto da un raptus casalingo e quindi alle prese con la spesa settimanale, oltre ai pistacchi iraniani, ai 4 litri di succo di frutta, ai filetti di sgombro sott'olio e cose cosi', non poteva certo mancare un' incontournable confezione di pompelmi sciroppati.
Converrerte con me!
Ora, potete immaginare la mia faccia mentre aprivo la sporta della spesa e i miei commenti rigorosamente silenziosi ma soprattutto la domanda, altrettanto ovvia che e' seguita': "Che ci faccio con i pompelmi sciroppati?"
E prima che anche loro andassero a fare compagnia alla mia collezione di inusitati ingredienti (korma paste, latte di cocco condensato, olio di sesamo giapponese, acqua di fiori d'aracio libanesi etc.), magari dimenticati nell'angolo estremo della dispensa, ho pensato a questo ciambellone.
Facile variazione sul tema della mia base di torta preferita (vedi link) alla quale ho sostituito il burro con dell'olio di semi e ho aggiunto della glassa a base di sciroppo di pompelmo. Con il suo sapore non troppo dolce, bilanciato dall'acidulo del pompelmo, ha accompagnato con una certa disinvoltura una tazza di tea pomeridiano.
Ingredienti
Ved. torta di mele
1 confezione da 250g di pompelmi sciroppati
una confezione da 150g di mirtilli freschi
er la quantita' dell'olio di semi rifarsi a quella del burro.
Per la glassa (che poi assomiglia piu' ad uno sciroppo)
150 g di zucchero semolato ( per la versione glassa bianca e densa usare zucchero a velo)
il succo della confezione di pompelmi sciroppati, qtb per creare uno sciroppino da spennellare sul ciambellone tiepido.
martedì 7 febbraio 2012
Le ragioni del mio silenzio
Potrei stare qui a snocciolarvi una lista di buone ragioni per cui e' un po che non posto niente di nuovo, del tipo: " sono molto occupata" " questa vita frenetica non lascia spazio al piacere" " le foto dei piatti che cucino non mi soddisfano, quindi niente post!" " arrivo tardi a casa, cucino sempre di sera e sono sempre troppo stanca per scrivere il mio post"ect.
Che tra l'altro sono tutte verissime!
Ma la ragione n.1 e' che stavo aspettando che venisse alla luce la mia nuova cucina, nella mia nuova casa, nel nuovo quartiere in cui mi sono trasferita da poco!
Insomma, presto mandero' a regime la mia nuova meraviglia, per ora chiedo venia e tanta pazienza!
Intanto per inaugurare idealmente la mia nuova vita culinaria vi lascio un assaggio dell'atmosfera e della luce della mia nuova cucina all'ora del breakfast!
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